Recensioni non Autorizzate

Sunday, October 01, 2006

MILES DAVIS - "ascenseur pour l'échafaud"


Ho sempre un po' di timore ad affrontare discussioni su Miles Davis perchè quando si dice qualcosa su di lui si rimane sempre con il dubbio di aver detto o una stupidaggine o una banalità. Non è certo facile parlare di un personaggio così pieno di talento e di cui è stato scritto tanto ma non tutto tanto stata poliedrica la sua figura. E anche Miles stesso ne era cosciente, visto che una volta si definì come colui che aveva cambiato 4 o 5 volte la storia della musica!

Effettivamente la musica presa in mano da Miles Davis viene stravolta, stirata, girata, dilaniata, accartocciata, gettata... e chissà quanto altro: come per esempio mettere in musica i colori in modo quasi scientifico o trasformare in musica le immagini di un film, proprio come è successo per questo album che è la colonna sonora dell'omonimo film noir di Louis Malle del 1957.

Poco più di 20 minuti di album che ti tirano fuori l'anima e le budella. Un'esperienza profonda di cui si può godere solo se la si prende con il giusto stato d'animo: senza pregiudizi, rilassati e con la consapevolezza che la musica sta per metterci a confronto con noi stessi. No, niente droghe psichedeliche. Solo un' esperienza musicale di Miles Davis.

La tromba di Miles diventa la suadente voce di un saggio che con Générique apre un album che sembra non avere tracce ma far parte di un unico grande disegno. I 10 pezzi prendono nome da scene del film. Alcuni più agitati che descrivono la vita di città (Sur l'Autoruote e Diner Au Motel), altri timidi e delicati (Julien Dans l'Ascenseur) o ancora spensierati ma con un velo di tristezza (Florence Sur Les Champs-Elysées) che incombe dall'alto: una malinconia alla quale non si può che arrendersi e farsi avvolgere.

BLACK SABBATH - "master of reality"



Ci sono alcuni gruppi che segnano il passaggio di un'epoca: i Black Sabbath sono uno di questi. Precursori di molti stili odierni, nel 1970 aprono la strada a un movimento musicale che si distacca dalla generazione hippy del peace and love per assumere un atteggiamento più realista e decadente verso la realtà.

Ci sono poi alcuni album che diventano manifesto di base di generi musicali: Master of Reality è uno di questi. Otto tracce (al tempo si chiamavano "pezzi") con un tiro micidiale. Dire che questo album ha inventato l'heavy metal (e tutti i suoi generi figli) e l'hard rock forse è un po' altisonante e pretenzionso, ma è probabilmente vero che ne ha segnato le linee guida sia per quanto riguarda i temi trattati (droghe, satanismo, ribellione all'autorità) sia per ciò che concerne la chitarra di Tony Iommi i cui riff si possono ritrovare (arrangianti o stravolti) in centinaia di altre canzoni.

L'album inizia con il famoso colpo di tosse di Sweet Leaf, pezzo che fa abbastanza esplicitamente riferimento all'eroina. A seguire un pezzo altrettanto tirato come After Forever, con riferimenti al satanismo. Come in tutti i grandi album non ci sono pezzi di riempimento: anche i lenti (Solitude) o gli strumentali (Embryo e Orchid) sono colori del quadro che contiene Children of the Grave con il suo inconfondibile riff e le parole di denuncia sociale, Lord of This World e Into the Void.

Ah, già.... non ho parlato di Ozzy Osbourne, mangiatore di pipistrelli, rappresentante delle forze del male sulla terra, dipendende da ogni sostanza che dà assuefazione, voce inconfondibile e insuperabile frontman dei Black Sabbath.... si che lo conoscete: è quel simpatico vecchietto di Mtv che vive in una villa a Beverly Hills con moglie, maggiordomo, due figli cicciottelli e tanti dolci cagnolini....

Wednesday, September 27, 2006

LAMBCHOP - "the decline of the country & western civilization (1993-1999)



I Lambchop (alla lettera: costoletta d'agnello) se ne escono nel 2006 con questo album che è una raccolta di rarità e B-sides della loro carriera. Uscito prima negli Stati Uniti con il nome di The Decline of The Country & Western Civilization Part 2: The Woodwind Years per l'etichetta Merge, viene poi pubblicato in Europa dalla City Slang.

Il disco probabilmente riserva piacevoli sorprese ai fan del gruppo ma risulta un po' difficile per chi non conosce molto bene la band. Come tutte le raccolte di rarità riserva pezzi che a volte dovrebbero rimanere tali e che risvegliano negli appassionati istinti voyeuristici a cui non sempre si dovrebbe dare sfogo.


Nel complesso la raccolta scorre più o meno bene. A tratti ripetitivi (Mr. Crabby) e a tratti sorprendenti, i Lambchop snocciolano 18 pezzi che vanno dal country (come Ovary Eyes, The Scary Caroler o Smuckers) a dilaniate performances di jazz sperimentale (come Loretta Lung e It's impossible) fino a dolci ballate western(The Old Fat Robin e The Distance From Her To There). Non a caso i Lambchop vengono da Nashville, Tenneessee e negli States sono considerati una tra le leader bands del nuovo mid-west country che, pur restando nei canoni del country, riesce a prendere nuove sfumature musicali anche grazie all'impiego di nuovi strumenti.

Tuesday, September 26, 2006

BLUR - "13"


Per molti disco di passaggio, per alcuni disco di riflessione, per me l'ultimo grande disco dei Blur. Differente dai precedenti Parklife o Blur, 13 chiude la felice storia musicale del duo Damon Albarn - Graham Coxon, rispettivamente voce e chitarra dei Blur e icone del brit-pop nel mondo. Sono infatti i Blur che hanno ridato voce a tale genere propriamente inglese, ereditando direttamente da Ray Daves dei Kinks i caratteri musicali e estetici del brit-pop.

In 13 però succede qualcosa di nuovo: i suoni puliti, le marcette alla McCartney, e gli arrangiamenti da hit fanno posto alle emozionanti divagazioni di Coxon (che proprio in quel periodo sperimenta la carriera solista) in pesanti distorsioni e ampliamenti dei suoni della sua chitarra. L'elettronica (prima usata solo per creare l'effetto orecchiabile da singolo) diventa fonte di ispirazione per loop oscuri. I suoni non più ben definiti abbandonano lo snobbismo brit per aprire il loro orizzonte alla sperimentazione indie e post-rock.

Succede così che nasce uno degli album più espressivi dei Blur. E' qui che viene fuori la voglia di Albarn di sperimentare qualcosa di nuovo, e la passione di Coxon per la distorsione (che allude al suo The sky is too high). In più ci sono i due singoli ben fatti: Tender, una ballata country-blues, e Coffee & Tv, vero punto di passaggio tra la luce di Parklife e il nuovo chiaroscuro di 13. Certo a volte ci si domanda dove vogliano andare a parare alcuni pezzi veramente sperimentali tipo Trailer Park, ma in fondo l'ascolto è piacevole e alcune atmosfere (Caramel) sono perfette per quei mercoledì sera uggiosi d'autunno.

Monday, September 25, 2006

THE FLAMING LIPS - "at war with the mystics"


"Capisco perchè la gente pensa che io sia una specie di guerriero freak psichedelico che crede negli ufo e in Dio, ma queste stronzate mi stanno proprio sul cazzo. Credo nelle cose reali." Questo è quanto afferma Wayne Coyne, leader dei Flaming Lips, riflettendo su se stesso.

Effettivamente, ascoltando questo album ricco di arie psichedeliche e momenti di intimi viaggi nelle parti più sperdute del cervello umano, verrebbe proprio da pensare che i Flaming Lips abbiano passato gli ultimi anni in contatto con qualcosa o qualcuno di sovrannaturale: canzoni bellissime escono da questo album ma diverse da quelle di Hear It Is, primo album del gruppo, pieno di chitarre elettriche e testi assurdi. Ma Coyne in molte interviste ha reso nota la sua posizione di musicista impegnato. Impegnato nel fare buona musica: a venti anni prendeva droghe, andava a sentire i led zeppelin, gli piacevano le chitarre distorte e il cazzeggio; oggi le cose sono cambiate: i Flaming Lips hanno 40 anni e cercano di fare musica rock senza doversi comportare da adolescenti, avendo alle spalle anni di crescita musicale, morale e fisica.

At War With the Mystics è un album bello e curato nei dettagli. La prima traccia (The Yeah Yeah Yeah Song) ci ricorda subito chi sono i Flaming Lips, con i loro accostamenti di suoni e testi strampalati. Ma che adesso sembrano aver acquisito un senso più profondo. E andando avanti si scopre che gli arrangiamenti da orchestra mischiati alle chitarre vanno ricercare atmosfere intime all'interno dell'album. Una ricerca in alcuni aspetti simile a quella degli ultimi Pink Floyd.
Alcuni pezzi sbalordiscono con i loro ben arrangiati cambi di rotta, che a volte possono risultare un po' lunghi o deliranti (The Sound of Failure o It Overtakes Me) ma che dimostrano la voglia di volersi esprimere senza per forza dover rientrare nei tempi televisivi di Top of The Pops.
La band non sa se questo cercare di fare musica sincera ha uno scopo (Haven't got a Clue) però il risultato è notevole.

Sunday, September 24, 2006

dendimusica - il weblog


Ciao e benvenuto nel mio weblog non ufficiale di recensioni non autorizzate.

Ascoltare musica è la mia passione, oltre ad essere un antidepressivo e un modo per passare il tempo.

Ascolto ogni tipo di musica: pop, indie, punk, trance, post-rock, metal, dance..... Cerco soprattutto di non fermarmi mai a un genere o a un artista ma di spaziare il più possibile, e di ascoltare il più possibile.

Quello che voglio di fare qui è una specie di resoconto dei miei ascolti in modo da mettere le mie opinioni musicali a confronto con la rete, dedicando un post del blog per ogni album.

Come si affronta questo blog?
Niente paura: è semplicissimo. Basta collegarsi, passarci per caso, e leggere con tutta rilassatezza quello che penso dell'ultimo album che ho ascoltato. Poi, se ti va, lascia un commento o inviami una tua recensione che verrà pubblicata sul blog.
Ah, i dischi di cui parlo non sono messi in ordine cronologico di uscita, di conseguenza l'ultima recensione può benissimo riguardare un disco del '59....

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